Paralimpiadi
Stefano Travisani ed Elisabetta Mijno sono medaglia d'oro nel misto delle Paralimpiadi di Parigi 2024
Foto di World Archery
C’era una volta la Nazionale italiana di tiro con l’arco, alle Paralimpiadi di Parigi. E vissero tutti felici e contenti. In effetti sembra una favola. Questa volta con tanto di lieto fine. Perché l’epilogo lo scrivono con inchiostro dorato un re e una regina: del Ricurvo Open, nel mixed team. Stefano Travisani ed Elisabetta Mijno sono campioni paralimpici. E regalano all’Italia, oltre che a loro stessi, una medaglia d’oro destinata a diventare l’ennesima pietra miliare nella storia dell’arco azzurro che arriva così a quota 34 podi dal 1960 ad oggi. Per 11 volte consecutive si torna in Italia con almeno un alloro e a portare nel Bel Paese quello più splendente sono i due azzurri che a Tokyo 2020 si erano fermati all'argento. La regina Mijno, una volta archiviato il terzo posto nell’individuale, riesce a mettersi al collo il metallo più prezioso, dopo due argenti e due bronzi di una carriera ineguagliabile che conta cinque partecipazioni ai Giochi Paralimpici, da Pechino 2008 a Parigi 2024. Ed è il primo oro anche per re Stefano Travisani, che ha la straordinaria capacità di cancellare la precoce eliminazione di ieri e, a poco più di 24 ore di distanza, si presenta sulla linea di tiro in versione semi-infallibile. Dai quarti contro l'Indonesia, battuta 5-3 alla semifinale con l'India, superata 6-2, gli arcieri italiani non hanno mai lasciato agli avversari la possibilità di raggiungerli. E fanno altrettanto anche nella finalissima contro la Turchia, dove Betta e Stefano vincono 6-2 e conquistano l’Olimpo. All’Esplanade des Invalides risuona l’inno di Mameli. Sul pennone più alto sventola il nostro tricolore. Sì, la favola è diventata realtà. Grazie a un re e una regina. E grazie a un movimento arcieristico che non smette di fabbricare podi, medaglie, emozioni. E che torna a tingersi d’oro, a 12 anni dal titolo di Oscar De Pellegrin, a Londra 2012.
INDONESIA SUPERATA AI QUARTI - Nei quarti di finale, l’Italia parte a mille. O meglio, a 37: come i punti totalizzati nel set d’avvio. Tris di 9 e un 10: anche l’Indonesia di Wahyu Retno Wulandari e Setiawan Setiawan cala un 10, oltre a un 9, ma si ferma a due tacche dagli azzurri. Ovvero, a 35. Solo che gli indonesiani sono una coppia tostissima. Ed estremamente competitiva. Tanto che riporta il confronto in equilibrio: 33-35 e 2-2 nel conto dei set. Questa volta è l’Italia a scivolare in un fatale 7. Lo si capisce subito e a chiare lettere: con un livello così elevato, ogni sbavatura può costare cara. Nel terzo round, la partenza è in salita (6), ma Travisani e una sontuosa Mijno (10 e 9 per la piemontese) riprendono il filo del discorso e chiudono a 32: lo stesso punteggio degli indonesiani. Insomma, la parità non si spezza: 3-3. Così, a decidere, è un quarto atto in cui Elisabetta e Stefano tengono un’andatura regolare (doppio 8 e doppio 9) e respingono l’assalto dei tenaci e precisi portacolori dell’Indonesia: 34-32. E 5-3: si va in semifinale.
SEMIFINALE DA INCORNICIARE - Ad attendere il duo azzurro c’è l’India di Pooja e del neo campione paralimpico nell’individuale Harvinder Singh, capace di liquidare la Polonia, nel turno precedente, con un roboante 6-0. L’approccio di Travisani è impeccabile: 10 e 9, mentre Elisabetta contribuisce a toccare quota 36, contro i 31 punti degli indiani. La coppia italiana cavalca l’onda della fiducia e cala il poker in un irresistibile secondo capitolo del match: quattro volte 10 e 4-0. Il traguardo è vicino, ma non ancora raggiunto. Perché Pooja e Singh alzano il livello qualitativo della loro prova e, con 37 punti (frutto di un tris di 9 e un 10), superano di due lunghezze gli azzurri. Ma il destino è ancora in mano a Travisani e Mijno. I quali confezionano una quarta volée da applausi, in virtù di due 10 conclusivi: si concretizzano, quindi, il 38-37, il 6-2 nel conto dei set. E, soprattutto, la finalissima per l’oro. Dopo tre sconfitte di fila, nella spedizione parigina, l’incantesimo delle semifinali è spezzato.
DA TOKYO A PARIGI - Sono passati 1097 giorni, eppure sembra non sia cambiato nulla. Stefano ed Elisabetta sono ancora lì, sulla linea di tiro, a giocarsi la medaglia più ambita dei Giochi Paralimpici. Da Tokyo a Parigi: oggi, come allora, le condizioni meteorologiche sono complicate. Il cielo è plumbeo. La pioggia cade a tratti. A cambiare, però, è la Nazionale avversaria: non più la Russia, esclusa per le note vicende extra sportive, bensì la Turchia di Merve Nur Eroglu e Sadik Savas. È una finale inedita. A non essere inedito è l’avvio lanciatissimo degli azzurri: tris di 9 e 8. Prende forma il 35-31 del primo set. E il secondo? È ancora una volta irresistibile: 39 punti realizzati su 40, mentre la Turchia si ferma a 36. Eroglu e Savas, però, non intendono lasciare nulla al caso e riaprono i conti in un quarto atto di alto profilo (37-38). Tutto riaperto? Non proprio, perché nel quarto set la freccia di Eroglu scivola sul 6. E spalanca le porte al trionfo italiano: l’ultima freccia la scocca Elisabetta Mijno. Basterebbe un 6, arriva un 9: 36-33. E 6-2.
Il bronzo, invece, va alla Slovenia di Ziva Lavrinc e Dejan Fabcic, capaci di superare 5-4 l’India nel duello per il gradino più basso di un podio tutto europeo.
LE DICHIARAZIONI - Le lacrime di Elisabetta Mijno scorrono copiose, in un intreccio di gioia e liberazione: “Finalmente è arrivata questa medaglia d’oro - sospira “Betta” -. Mi sono tolta un’enorme soddisfazione al termine di una giornata quasi perfetta”. L’unione d’intenti ha fatto la differenza: “Arrivare in fondo è stato tosto - aggiunge Stefano -. Non è facile mantenere il focus fino alla fine, perché alla lunga la testa inizia a vagare per il campo. In più, dopo la mia gara individuale, non mi aspettavo di riuscire a capovolgere la situazione in questa maniera”. Anche Travisani non riesce a trattenere l’emozione. Ed è giusto così, Stefano: “Dedico l’oro in primis a me stesso e poi a tutti quelli che mi hanno teso la mano. E mi hanno aiutato a rialzarmi, a poche ore dal “disastro” nella prova di ieri. Grazie, inoltre, a Laura, alla mia famiglia, ai miei amici”. Travisani è il ritratto della felicità: “Qui ho vissuto un sogno, ma ora non vedo l’ora di tornare alla vita “normale” con questa fantastica medaglia. Pesa maggiormente rispetto all’argento di Tokyo”. Mijno è alla quinta Paralimpiade: “Sono sincera, quando ho vinto il bronzo ho cantato ugualmente l’inno - sorride -. Sentirlo suonare davvero scatena sensazioni impossibili da trasmettere e raccontare. È un’emozione che prende il cuore e lo stomaco. La primissima volta che sono salita sul gradino più alto di un podio internazionale è un momento che non dimenticherò mai. Quel momento l’ho rivissuto oggi”. Mijno non tiene solo per sé una simile e ineguagliabile. La vuole condividere: “Siamo una grande squadra, fatta non solo di arcieri e tecnici, ma di persone che mi sono sempre state vicine. Mi hanno dato amore e permesso di raggiungere i traguardi che conosciamo”. Al settimo cielo è pure il direttore tecnico Guglielmo “Willy” Fuchsova: “La soddisfazione è enorme, anche perché arriva dopo un paio d’anni un po’ complicati. L’aver affrontato alcune difficoltà, negli ultimi tempi, qui a Parigi ci ha aiutato”. È tempo di primi bilanci: “Chiudiamo con due bronzi, un bellissimo oro e due quarti posti ottenuti da ragazzi che hanno tirato alla grande. Sono emozionato e grato a chi ha creduto in noi. Un ringraziamento particolare va alla Federazione, ai tecnici personali degli atleti, che hanno svolto un lavoro incredibile. E poi loro, gli arcieri: non finiscono mai di emozionarci”. Cinque semifinali in nove competizioni hanno un solo significato: la Nazionale italiana del tiro con l’arco paralimpica è una certezza. Da sempre: “Lo è - conclude Fuchsova - ma il livello si sta alzando in maniera importante e anche noi ci dobbiamo adeguare. Un’analisi approfondita va condotta a prescindere. Soprattutto dopo una vittoria”.
05/09/2024
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